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Interior Design: Ludovica Serafini + Roberto Palomba
Furniture: Driade, Elica, Flou, Kartell, Poltrone e Sofà, Zanotta

Photo: Carlo William Rossi + Fabio Mureddu

Cos’è soggiornare di passaggio in un’altra città se non un abitare temporaneo che mantiene intatto il bisogno di atmosfere intime unito alla voglia di vivere esperienze non ordinarie? L’ha capito Davide Veneri che ha saputo trasformare un semplice investimento immobiliare a Milano in luogo unico ed emozionale, dove rinfrancarsi dalla fatica degli spostamenti e sentirsi accolti da una città tutta da scoprire. Così nasce The Ginger House, elegante appartamento anni Trenta di 90 mq, in zona Porta Venezia, interpretato in maniera sorprendente e innovativa dagli architetti Ludovica Serafini + Roberto Palomba.

Un progetto ricettivo dall’approccio totalmente nuovo, che abbina lo spazio domestico intimo e raccolto di una casa ad una struttura organizzativa paragonabile a quella di un hotel a 5 stelle. L’estensione di servizi di lusso di livello straordinario come quello di conciergerie, personal lifestyle, dog-sitter, autista, sino a performance private, garantisce un’alta personalizzazione dell’esperienza di viaggio.

Quel momento unico di pausa e calore nell’appartamento è interpretato da Ludovica Serafini + Roberto Palomba in maniera decisamente non convenzionale. Accoglienti e funzionali, gli interni sono creati per “sorprendere, godere di ogni momento, gioire di ogni istante e sognare”, come racconta Veneri. Il rimando all’essenza di una certa milanesità si fa sentire con una ristrutturazione mirata a preservare il passato nell’ambito, però, di una visione contemporanea.

La parte storica è mantenuta attraverso l’uso del legno e del colore alle pareti (ripreso dall’originale), svecchiata dalla scelta di due colorazioni diverse per muro e soffitto, e dalla contrapposizione di bianco caldo e grigio, leggermente più freddo, per gli stucchi. Negli spazi domina il color terra, non solo sulle pareti ma anche sui sanitari, e l’uso di superfici specchianti, che riveste completamente il bancone della cucina e le vetrature di due porte, rimandano ad una forte matericità tattile oltre che visiva.

Ma quello che risulta essere davvero potente è la presenza di opere d’arte talmente diffusa da fondersi con l’architettura stessa. Del resto, la coppia di creativi afferma: “Per noi l’architettura è la somma delle arti perché racchiude il luogo che abbraccia l’uomo quando abita”. Appena varcato l’ingresso, un muro creato ad hoc dal nome ‘Alpi’, perché ispirato alla catena montuosa, avanza nell’ambiente diventando angolare e confluendo l’attenzione sulla video installazione ‘Alano’, di Matthias Schnabel, realizzata su commissione per la Ginger House quale simbolo di protezione per la casa e i suoi abitanti.

Richiama invece il gesto spaziale di Lucio Fontana, ispirandosi al Museo del ‘900 di Milano, l’opera d’arte luminosa ‘41’ lunga 17 metri, realizzata dagli architetti per illuminare tutto il living e la zona della cucina e definire, così, in modo aereo lo spazio. Persino i tubi di riscaldamento a vista vengono interpretati da Fausto Caletti come fossero corde dorate, dopo essere stati spostati, riferimento ai materiali d’uso quotidiano nella pratica artistica della Minimal Art americana. Ed è sempre di Caletti ‘Carillon’, un grande arazzo a parete che racconta, attraverso il ricamo a macchina, di un’area storica di Milano: le ex Varesine, oggi area urbanistica di Porta Nuova. 

Si aggiunge l’opera site specific dell’artista Raffaele Barbuto “Non sono io che amate, ma chi mi abita”, che rimanda a un grande cartellone pubblicitario colorato e stratificato dai passaggi del tempo. A sottolineare che sono le tracce lasciate nello spazio abitato a rappresentare l’essenza viva di quel luogo. E infine, installata su plexiglass, la piccola e raffinata ‘Ginger’ realizzata da Carlo William Rossi + Fabio Mureddu, opera da cui trae il nome il progetto, simbolo della casa e del suo ospite educato, ma sempre presente.