Ripartiamo da lui. Da Sebastian Herkner. Attraverso numerose collaborazioni con brand Made in Italy e internazionali, ha lasciato il segno nell’anno appena trascorso, grazie alla personale, consueta capacità di dar valore al design contemporaneo con apparente semplicità. E altrettanto si ripromette di fare per i mesi a venire, consolidando alcune collaborazioni (Pedrali in primis, che ha visto l’esordio proprio lo scorso aprile) e ampliandosi nell’ambito interior (sono già in corso i lavori per la Das Apartment House di Imm Cologne 2022).
Ma soffermandosi al momento attuale, il suo pensiero va immediatamente ai giovani designer – lui che ha esordito sulla scena internazionale proprio al SaloneSatellite di Milano nel 2009, e ancora nel 2010 e 2011, piattaforma che rappresentò un vero trampolino e una chiave di volta nella sua carriera grazie alle collaborazioni con molte aziende (prima fra tutti Classicon) che ne derivarono.
«I giovani designer ora si trovano ad affrontare un grosso problema. Sono una sorta di “lost generation”: non hanno la possibilità di prendere parte a eventi come il SaloneSatellite di Milano, la piattaforma di imm Cologne o Ambiente Frankfurt che per i talenti emergenti sono fondamentali; per di più le aziende in questo momento preferiscono appoggiarsi a designer affermati per avere maggiori certezze. Per i giovani quindi è un momento davvero difficile».
Nominato Guest of Honor a Imm Cologne nel 2016 e Designer of the Year a Maison&Objet nel 2019, conosce perfettamente la rilevanza degli eventi trade per creare network e business. Ma ora che il digital o phygital han preso piede, cosa potremo aspettarci? «Onestamente non sono una persona molto “digital”. Amo il mio laboratorio, mi piace interagire con i materiali, toccare, fare schizzi a penna, ma certamente devo avvalermi anche di disegni 3D nel mio lavoro. Lo scorso anno abbiamo dovuto ultimare i prodotti per Pedrali e Cappellini, ad esempio, in modo totalmente digitale ed è stato più complicato: preferisco vedere direttamente il prototipo per le rifiniture e gli ultimi dettagli. Serve quindi un equilibrio: questo vale per noi designer, per i dealer anche che devono testare e toccare i prodotti, e perfino per le fiere. Penso al Salone del Mobile di Milano, che forse negli ultimi anni è stato fin troppo ampio, sebbene il plus di questa manifestazione sia che genera sempre incontri e discussioni interessanti. Mi piacciono le fiere reali in conclusione».
La mancanza di queste vetrine non ha impedito alle aziende di lanciare sul mercato le nuove collezioni, né tantomeno ai designer e creativi di proporre inedite soluzioni di arredo che, anzi, proprio dalle nuove abitudini del vivere domestico hanno spesso tratto ispirazione. Herkner ha disegnato nel 2020 per ben undici rinomate aziende del panorama internazionale, avviando perfino diverse nuove collaborazioni come con l’italiana Pedrali, per la quale ha realizzato la collezione di sedute Blume, la spagnola GAN (proponendo una nuova collezione di arredo outdoor, Isla), l’asiatica Stellar Works, studiando il guardaroba mobile Host, ideale per il settore hospitality; e infine la francese Coedition, firmando la seduta Klee.
Si aggiungono: il sofa modulare Litos per Cappellini, la Let™ Lounge Chair per Fritz Hansen, la serie di tavolini Pina per Pulpo, la collezione Mati (sedia, tavolo, vassoi) per Zanat, la poltrona Phoebe per Fest Amsterdam, la lampada decorativa Metropol per il brand australiano Rakumba, il tappeto Par Raya per Ames, l’ampliamento della collezione Fern con l’omonimo divano per la storica azienda tedesca Gloster.
«Il 2020 è stato un anno drammatico, le persone hanno trascorso interi mesi nelle proprie case. Di contro il mercato arredo in Germania è cresciuto moltissimo: le persone hanno investito nella propria casa, per avere ambienti accoglienti e confortevoli da vivere. La pandemia ha cambiato la questa prospettiva, anche in termini di qualità: le persone sono più propense a ricercare proprio la qualità, indagare da dove derivano i prodotti, se mantengono un’artigianalità tipica». Un termine, artigianalità, caro al designer, che dei suoi prodotti è un comune denominatore abbinato a una sensibilità per le nuove tecnologie: «L’artigianalità appartiene a un’area e a una comunità: si pensi al Veneto per il vetro, la Brianza per l’arredo, e lo stesso accade in Germania. Sono aspetti che devono essere salvaguardati, sono parte della nostra cultura e tradizione, il nostro heritage, ma anche la visione del nostro futuro».
Non è quindi un caso che Sebastian Herkner sia rimasto affascinato da Pedrali, azienda che proprio del binomio tradizione-innovazione ha scritto un capitolo importante del design italiano. Un incontro avvenuto cinque anni fa e replicato ai vari appuntamenti di settore nel mondo, ma che è sbocciato solo nel 2019 con la proposta di Blume, una seduta connotata da una struttura in estruso di alluminio. «Sono innanzitutto andato a visitare la loro azienda a Bergamo e poi la sede di Manzano: sono rimasto incantato nel vedere che producono tutto internamente e affidandosi al distretto locale; lavorano in maniera perfetta e molto professionale, con progetti veramente belli. Ho proposto loro un concept di seduta che fosse focalizzato sulla base e su una silhouette decorativa che funge anche da supporto, come uno stelo di un fiore (Blume infatti significa “fiore” in tedesco). Il successo è stato immediato e stiamo quindi già lavorando a un ampliamento della famiglia».
«Cosa apprezzo di più di Pedrali? Quando scelgo un’azienda con cui collaborare, voglio vedere cosa c’è dietro il brand, voglio visitare l’azienda e incontrare le persone alla guida, come è successo con Giulio Cappellini per la Cappellini prima, e ora con Monica e Giuseppe per Pedrali. È splendido lavorare con una family company e il fatto che sia guidata da una donna è grandioso: dice molto della sua filosofia. Ma Pedrali oltre a puntare sulla qualità, è molto attenta anche al prezzo, un dettaglio per me fondamentale. Come designer è importante avere un ampio portfolio di brand e un range notevole di prodotti: dai premium brand a quelli più democratici per un audience completamente differente ma della medesima qualità. Il buon design deve valutare anche l’aspetto economico, oltre a quello estetico, funzionale, sostenibile, la modalità di produzione o l’uso di materiali e risorse. Per questo Pedrali è interessante, rappresenta un equilibrio perfetto tra artigianalità e tecnologia».