Gli anglosassoni parlerebbero di legacy e non di heritage, Stefano Boeri – con un tweet di 45 parole – lo ha ricordato con una sintesi definitiva.
Quando se ne va un grande della storia, raccontarlo è impossibile, qualsiasi cosa si dica risulta perlomeno banale. E la banalità proprio non ha mai appartenuto alla vita di Ernesto Gismondi.
E’ sufficiente percorrere la linea del tempo che inizia nel 1957 (anno della sua laurea in ingegneria aeronautica) per comprendere come i segnali di un talento in pectore erano già evidenti e lo erano in un mondo che, forse solo apparentemente, poco centrava con gli studi fatti.
Ernesto Gismondi ha attraversato da curioso ed energetico protagonista i “fantastici anni 60 del design e del Made in Italy”, anzi – come ha detto Boeri – ha regatato in quei mari. Ogni giorno nuove e appassionanti onde, movimenti culturali, la relazione con i guru del design. Intanto Artemide – non sarebbe potuto accadere diversamente con un aeronautico al timone – decollava in Italia e nel mondo. Un’onda inarrestabile nel mare della creatività vera di quegli anni, dove la selezione era naturale e spietata, ma dove la libertà di espressione formale è stato il grande motore dell’innovazione. Ed Ernesto Gismondi i grandi del design li ha conosciuti tutti e tutti hanno conosciuto lui: anticonformista, antiretorico, un vero senatore del design, a vita.
Il senatore a vita del design
L’eredità di Ernesto Gismondi non tocca solo il mondo dell’illuminazione, ma abbraccia l’industria, la cultura – anzi – le culture, un vero protagonista a cavallo dei due secoli che dovrà sempre illuminare i libri di scuola e non solo