“Alcune volte mi sento un musicista. Penso adesso devo fare una nuova lampada: mi metto come al pianoforte, comincio a ‘suonare’, a mettere insieme delle cose, a costruire, incollare, tagliare. Alla fine riconosco qualcosa che può raccontare una nuova storia”. È il caso di dire che gli esordi di Davide Groppi sono stati ‘un’illuminazione’, come pure la strada intrapresa sulla via della progettazione di lampade di design, costellata di incontri e idee folgoranti, segnata da estro distintivo e anche dalla tecnologia. Il padre gli insegna a costruire oggetti. Un primo piccolo laboratorio nel centro di Piacenza e poi il colpo di fulmine di Maddalena De Padova che gli acquista 40 pezzi per esporli, durante il Salone del Mobile, nello spazio di Corso Venezia, per molti anni tempio indiscusso del design d’autore e fucina di talenti. Da quel momento in poi, è un’escalation di successi.

Origine by Davide Groppi at Nomad Circle

Cosa la affascina dell’oggetto luminoso?
La sua componente fondamentale: la luce. Non mi piace dire che disegno lampade, ma che ‘racconto lampade’: sono ideali lettere di un alfabeto di luci che, anagrammandole, diventano parole e poi racconti.

Come si racconta la seduzione?
Sedurre significa condurre a sé. Mi piace pensare che le luci siano attrattori, occasioni di incontro per gli occhi e le emozioni.

Ohm by Davide Groppi

La sua creatività procede sempre per sottrazione. Come si evita la banalità?
Nel tempo ho sviluppato una mia poetica nella quale mi riconosco e che mi permette di manifestare la mia anima. Inseguo sempre la bellezza attraverso la ricerca della verità. E la mia verità passa attraverso l’assenza e l’essenza. Alcune volte anche attraverso l’ironia. Mi piace la semplicità, la leggerezza, l’emozione, l’invenzione e lo stupore. Per me evitare la banalità significa realizzare progetti ‘veri’.

Le nuove tecnologie (dai Led in avanti) hanno spalancato le porte a possibilità progettuali inaspettate che ha colto a piene mani. Se ci sono dei limiti, quali sono?
Ho faticato ad accettare la rivoluzione elettronica. Ma poi ho capito che i diodi luminosi mi avrebbero permesso di essere ancora più romantico. E in quella occasione è iniziato per me un nuovo modo di scrivere la luce. Forse il vero limite consiste nella possibilità che con i LED tutti possono fare tutto. È già successo nella grafica, nella fotografia, nella musica.

Nulla by Davide Groppi

Tre elementi fondamentali che secondo lei non devono mai mancare in un progetto illuminotecnico.
Ho una visione fotografica della luce. Nei progetti di luce ambientale immagino sempre di scattare una fotografia o addirittura di girare un film. Ricordo sempre che fotografia significa scrittura di luce. E che nel cinema la luce viene chiamata fotografia. Quindi non può mancare l’inquadratura, la profondità e il ritmo.

Ogni suo nuovo progetto ha sempre un’impronta riconoscibile. La definisca.
Cerco la coerenza e nello stesso tempo la diversità. Sono consapevole che è un ossimoro, ma è così. Mi piace pensare che i miei progetti, in qualche modo, riescano sempre a generare un sentimento di stupore.

Come si riesce a sorprendere restando fedeli ad uno stile?
È difficile. Per me significa un lavoro che è iniziato quasi 35 anni fa restando appunto coerente al mio modo di vedere la luce e il mondo.

Quali input scatenato la sua immaginazione?
Può essere un materiale, un riflesso di luce su un pezzo di plastica, un’invenzione tecnologica, l’arte, la musica, parlare con una persona. Ho un approccio maieutico al progetto.

Ohm by Davide Groppi

Le sue intuizioni più ‘luminose’?
Mi lego al significato prima ancora che all’estetica. Sono affezionato al mio progetto “Nulla” (2010) perché è la negazione di tutto il cosiddetto mondo del design e anche perché rappresentativo di un momento tecnologico e di un approccio umanistico al progetto: l’arrivo dei LED, le ottiche secondarie, la luce del Caravaggio.

 

La cosa che l’ha emozionata di più nel suo percorso di designer e imprenditore?
Sono ancora stupito dalla fortuna che ho avuto potendo esprimere la mia anima attraverso quello che faccio.

Tra i due progetti più recenti, Ohm e Origine. Ce li racconta?
Ohm
è la rappresentazione di un certo stato dell’arte nel campo elettronico. La corrente corre su un solo filo metallico sottilissimo che si può tirare nello spazio con la massima libertà. E la luce viene disposta come fossero panni stesi su quel filo. L’ho pensata guardano alcune immagini che ho colto a Napoli, anche a Venezia. Origine è una proposta per la luce fuori. Immaginiamo che ‘il fuori’ sia un’altra stanza della casa. Origine è un germoglio di luce indiretta. Uno strumento elegante per continuare l’eterno dialogo tra luce d’accento e luce indiretta.

Origine by Davide Groppi

Dal 2018 Davide Groppi fa parte del Gruppo Italian Design Brands. Di cosa si tratta e cosa significa per il brand?
È una scelta di responsabilità immaginando un ulteriore sviluppo della mia azienda dopo gli ultimi anni di enorme successo. È un progetto industriale, ma che tutela tutta la parte creativa e indipendente che ci ha sempre contraddistinto.