Come è possibile generare sostenibilità attraverso l’architettura? Come l’ambiente costruito può creare e favorire il senso di comunità? Come rimediare al problema dell’elevata densità urbana aumentando al contempo i servizi? A questi interrogativi Woha, il pluripremiato studio fondato da Wong Mun Summ e Richard Hassell nel 1994 a Singapore, risponde con un rivoluzionario modo di ‘fare architettura’ che pone al centro l’uomo, il benessere e l’equilibrio con la natura. La loro progettualità, che si dipana tra la macro-architettura e la micro-urbanistica, incorpora l’elemento vegetale per generare ‘edifici che respirano’, polmoni verdi che generano ossigeno, integrano il panorama naturale e impattano così il meno possibile nell’ambiente; edifici che rivoluzionano il tradizionale concetto di urbanistica, sviluppando città verticali complete di tutti i servizi; fino all’ideazione di città ‘auto-sufficienti’ in grado di soddisfare il fabbisogno di energia, cibo e acqua. Richard Hassell ci racconta questa inedita progettualità, fusione di una radicata conoscenza del territorio e delle sue tradizioni con approfonditi processi di ricerca, che muove verso un unico, idealistico scopo: “creare un mondo migliore”.  

Permeable Lattice City (Singapore) per Vertical Cities Asia International Design Competition & Symposium

Agli inizi della vostra collaborazione, avevate già ben chiaro l’approccio che vi avrebbe poi distinto nel panorama mondiale (ovvero di un’architettura che armonizza e incorpora il naturale ecosistema) o si è sviluppato nel tempo?
Siamo decisamente cresciuti e maturati negli anni, ma fin dalle prima battute ci siamo interessati alla progettazione per le zone tropicali. Ai tempi dell’università, più o meno negli anni ’80 (quindi una vita fa!), stava prendendo piede un movimento architettonico teorizzato da Kenneth Frampton detto “Regionalismo critico”, che si proponeva di adattare l’architettura moderna alle culture e ai climi locali. Chiaramente lavorare ai tropici non è ci è venuto subito spontaneo, perché è un clima difficile e poco agevole: nella maggior parte delle regioni temperate si può giocare con l’architettura; se fa caldo si aprono le finestre, se fa freddo si chiudono, ma ai tropici non è altrettanto facile, a meno che non si crei un flusso d’aria. Passando dai piccoli progetti degli inizi a progetti di respiro sempre più ampio, ci siamo imbattuti in qualcosa di molto insolito: abbiamo dovuto cestinare tutto ciò che sapevamo sugli edifici bassi e interrogarci sul perché. Il nostro primo obiettivo è stato cercare di capire quale fosse il problema e, con nostra grande sorpresa… non era poi un gran problema: la verità è che i grattacieli sono un campo a parte e per approfondirlo abbiamo chiesto consulenza a New York e Chicago, dove il clima è inclemente per via dei venti forti e degli inverni rigidi; nell’edilizia tropicale e subtropicale possiamo permetterci di progettare edifici alti di altro tipo, esteticamente più aggraziati, con spazi sia interni che esterni. A quel punto ci siamo spinti ancora oltre, riflettendo sul fatto che i grandi palazzi non sono semplicemente appartamenti, ma sedi di intere comunità. E che quando le persone vivono in un ambiente così densamente popolato, devono poter disporre di tutti i servizi di cui godono le piccole abitazioni: parchi, aree gioco, spazi silenziosi in cui rilassarsi… Ci siamo chiesti come integrare questi ambienti così determinanti per la qualità della vita: era possibile prevederli anche nei grattacieli?

Come sostenibilità e benessere sono correlati nei vostri progetti?
Benessere significa natura – in ogni esperienza, ogni giorno. E questo non vale solo per l’architettura, ma anche per l’urbanismo, il design d’interni e persino il product design. L’incremento della densità della popolazione urbana comporta un aumento di elementi artificiali; l’architettura diventa veicolo di stress, perché tutto ha a che fare con l’uomo: se l’ambiente è sgradevole, è perché qualcuno lo ha reso tale. È quasi come un attacco personale: stiamo male per colpa di qualcun altro. Proprio per questo motivo siamo arrivati alla conclusione che non si può fare a meno del benessere generato dalla vegetazione, perché la vegetazione, non essendo frutto dell’uomo, trasmette un senso di pace. Credo che il concetto di sostenibilità sia intimamente intrecciato a quello di benessere: se vogliamo preservare la vita sulla terra, dobbiamo agire responsabilmente; la sostenibilità fa sentire alle persone che il progresso e il cambiamento stanno andando nella giusta direzione, che ogni nostra azione contribuisce a offrire una soluzione, invece di amplificare il problema.

SkyVille @ Dawson, Singapore
Photo © Patrick Bingham-Hall

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