Intervista a Philippe Starck

Si può dire che il suo lavoro non è ‘solo’ progetto, ma anche invenzione continua per modificare i paradigmi che influenzano la nostra vita?

Si il mio lavoro non ha quasi alcuna relazione con il design, fatta eccezione per l’ultima fase del processo. Il risultato purtroppo è solamente design, ma il processo che lo precede non ha alcuna relazione con il design. Nascendo firmiamo un contratto con la comunità, dobbiamo meritare di esistere e per questo dobbiamo metterci al servizio della comunità. Io ho molte idee e possiedo un minimo livello di autismo che mi porta a una malattia mentale chiamata creatività. E non parlo di qualità, ma di livello di produzione. Cerco di usare questa capacità nel modo più onesto possibile e con la migliore visione per creare cose che possano aiutare la mia tribù a vivere una vita migliore. Per questo vivo isolato, lontano da tutto, per avere una visione più chiara e da essa estrarre un’etica pulita, da cui creo concept.

La base del processo di invenzione quindi è una ‘malattia mentale’ chiamata creatività?

Esatto, occorre curiosità per ogni cosa e paura di non essere abbastanza bravi, e poi vivere come un monaco contemporaneo, solo con te stesso, evitare di ascoltare, leggere e ripetere. Stare a letto e sognare fino a quando le idee immagazzinate sono ‘cotte a puntino’, uscire dal letto il più velocemente possibile, fare uno schizzo con carta e matita, che ancora sono gli strumenti che meglio liberano la creatività, mandarlo a chi può svilupparlo, produrlo e distribuirlo con onestà trasformandolo in prodotto, non per il proprio tornaconto ma a vantaggio delle persone che lo useranno.

E per migliorare la qualità della vita quali sono le questioni più urgenti ?

Non si tratta di migliorare la qualità della vita ma di salvare vite. La civiltà che abbiamo costruito nel mondo occidentale è improvvisamente implosa: abbiamo scoperto che dobbiamo combattere per l’ecologia, per salvare risorse essenziali come l’acqua, che alcuni governi sono diventati dittature che creano guerre solo per arricchirsi, che i nostri valori di civiltà stanno scomparendo. La vera emergenza è combattere tutto questo, con urgenza e con determinazione. Ognuno ha le proprie armi, un designer può orientare la propria produzione per promuovere i giusti valori di civiltà.

Lei sta anche lavorando a progetti legati alla salute.

Il nostro lavoro sul design è molto conosciuto, ma facciamo anche altro, ad esempio in campo medicale. Abbiamo appena lanciato un dispositivo rivoluzionario per contrastare le apnee notturne e stiamo lavorando a Villa M, un grande complesso voluto da Groupe Pasteur Mutualité a Parigi dove i professionisti della salute possano incontrarsi e aggiornarsi.

Oltre che a partire dall’etica lei lavora anche con le emozioni?

Tutto deve ricollegarsi alle emozioni, che sono lo strumento principale. Se non crei emozioni le persone non avranno alcun contatto con quello che hai progettato, non vivranno gli spazi che hai costruito. Le emozioni sono il veicolo per ogni cosa. Per questo siamo molto felici di lavorare anche con i migliori profumieri, con nuove molecole, per creare una linea di profumi [Starck Paris, ndr], la connessione più veloce fra emozioni e cervello. E’ immaterialità pura, ne basta una goccia per aprire un universo, per dare un indizio sulla persona che li indossa.

Progettare significa anche raccontare delle storie?

Dipende dal soggetto. Nel caso di apparecchi medicali non racconti una storia, è semplicemente ciò che è meglio per noi, con i profumi invece si crea un universo e da lì comincia la narrazione. Con gli arredi, ad esempio la collezione Lou per Driade è una storia, ma non la Generic Collection per Kartell, che è invece una radiografia di quanto esiste attorno a noi.

Cosa significa per lei sperimentare e quando, o dove, sperimenta di più.

Sperimentare è tutto, non sperimentare è un pericolo per l’evoluzione. Ogni copia o ripetizione è una perdita per la civiltà. Assumersi rischi é un dovere, è l’unica espressione di coraggio nella società moderna. Sperimentare ed esplorare sono le uniche chiavi per il nostro progresso.

A proposito di design degli spazi, possiamo considerarli un processo di stratificazione?

Si, una stratificazione concentrica. Cominci dall’amore che hai per le persone che ami e da come puoi dargli il meglio. Dalla qualità del cuscino, delle lenzuola, del materasso, dalla vista dal letto, dalla qualità del sole su questo letto in una domenica mattina, e dall’armonia dello spazio in cui vivi. Dal modo in cui le persone che ami possono condividere lo spazio e trovarvi il loro territorio pur stando assieme.