Il gusto di vestire le case. Intervista a Samuele Mazza

Come definisce il suo lavoro?

In una parola: sartoriale. Come nella moda ci sono gli stilisti, così nell’arredo noi facciamo couture.

Io mi definisco un arredatore più che un designer. Mi sono formato nel mondo della moda, quindi credo che il mio lavoro consista nel vestire le case, non ho la pretesa di fare di più. Non disegno il quotidiano, né il contemporaneo, disegno ciò che mi piace con la prerogativa che sia “timeless”.

Quali sono i cambiamenti maggiori del settore?

Ormai il mercato non richiede più il singolo prodotto, ma l’intero servizio, un total concept, in altri termini il “chiavi in mano”. Questo comporta una grande flessibilità da parte del designer, che oggigiorno non solo deve proporre l’idea del prodotto, ma mettere a disposizione del cliente una gestione completa del progetto e il suo bagaglio culturale.

Cosa intende per bagaglio culturale? 

Intendo un patrimonio di conoscenze ed esperienze che diventano inevitabilmente parte del tuo lavoro. Esemplificativo è la costruzione di un quartiere che stiamo realizzando in Cina, dove abbiamo progettato cinque torri ispirate alla Tour Eiffel. Io ho abitato a lungo a Parigi da giovane e ho assorbito moltissimo dello spirito della città, e ciò si riflette a livello professionale. Per questo motivo preferisco essere definito come designer europeo piuttosto che italiano. Io ho origini Siciliane, adoro l’Italia, ma prediligo e propongo un’idea europea nel mondo.

In che modo applica questo design europeo? 

Attraverso lo stile: il neogotico, ad esempio, dal momento che è uno stile che ha attraversato l’Europa in lungo e in largo. Recentemente mi sono dedicato invece a un prodotto anni ’30, che trae ispirazione dall’area mitteleuropea: guardo a Praga, a Parigi, a Barcellona. Mi interessa molto promuovere questa idea nel mondo, anche se molti erroneamente hanno definito il mio stile barocco.

Quanto è rilevante il concetto di lusso nel suo stile? 

Occorre innanzitutto comprendere che lusso non significa caro; un oggetto di lusso comporta una scelta diversa, un colore particolare, una finitura inusuale. È l’atmosfera che crea ciò che conta, un’atmosfera più raffinata, importante. Verso questo concept sono indirizzate le mie collezioni, molto apprezzate dal mercato russo e dell’Estremo Oriente, che a oggi sono gli interlocutori forti. Io cerco di interpretare i loro sogni, i loro gusti e bisogni. Quindi la scelta minimalista non mi interessa, non fa per me, se non laddove ci sia uno spazio architettonicamente già importante, dove il prodotto d’arredo diventa un plus, e quindi non c’è la necessità di arricchire l’ambiente con molti pezzi.

Per lei quindi il minimalismo non ha più senso?

Credo che il motto “less is more” non sia più valido. Voglio essere realistico, il mercato ci richiede un preciso prodotto e un preciso servizio, che implica progetti di arredo sempre più ricchi e completi. Ho apprezzato molto Matteo Thun quando ha detto “less is boring”.