Lusso africano

Archeologia industriale, arte e design convivono senza prevaricazioni nel nuovo hotel The Silo, a Cape Town. Parlano a un pubblico internazionale e usano un linguaggio globale. Merito di Heatherwick Studio e dell’occhio attento di Liz Biden

L’aura del silo destinato allo stoccaggio del grano a Cape Town, che ha fatto la storia dello sviluppo industriale e agricolo nel Sud Africa, ha brillato per 80 anni prima di tornare a luce nuova, lo scorso 2017, con l’alta ospitalità offerta da The Royal Portfolio. La famiglia Biden, proprietaria del gruppo alberghiero, ha fortemente apprezzato la conversione dell’edificio, datato 1924, che ospita ora nella parte più alta l’ultimo nato della catena, The Silo appunto, e lo Zeitz Museum of Contemporary Art Africa (MOCAA) più in basso, bellissimo alloggio per la collezione d’arte contemporanea africana più estesa al mondo. Una vicinanza che non ha potuto non fondersi in una promiscuità fatta di talento e creatività. Anche The Silo, infatti, possiede e mostra al suo interno opere di artisti affermati ed emergenti, in aggiunta alla collaborazione con la galleria privata The Vault che a rotazione biennale espone collettive tra le più promettenti, sempre africane. Il magistrale recupero architettonico è opera di Heatherwick Studio, un team di 180 ‘problem solver’ con base a Londra, e voluto da V&A Waterfront ente parzialmente a partecipazione governativa proprietario dell’area.

L’intervento su questa monumentale struttura è stato conservativo di un patrimonio industriale dal peso rilevante, celebrato con l’aggiunta di ampie finestrature del tutto originali: una serie di vetrate leggermente rigonfie verso l’esterno risultano essere perfettamente inserite nella geometria esistente fatta di cemento, con un impatto visivo d’effetto che salta subito all’occhio, specie al calare del sole, quando l’edificio illuminato spicca come un faro sui suoi 57 metri di altezza, diventando punto di riferimento per la città.

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“Quello che ci interessa è progettare luoghi che abbiano un’anima e che abbraccino la complessità della vita reale, sottolinea Thomas Heatherwick, fondatore dello studio. Per questo il nostro punto di partenza è l’esperienza umana piuttosto che un’idea astratta di disegno”. Per quel che riguarda invece gli spazi interni, quelli collettivi e delle 28 camere di 7 categorie diverse, inclusa una spettacolare penthouse, Liz Biden, proprietaria di The Royal Portfolio, si è occupata personalmente e meticolosamente di ogni dettaglio, scegliendo di contrapporre all’estetica cruda dell’edificio ambienti morbidi e accoglienti. Uno stile eclettico fatto di contaminazioni internazionali, retaggio dei tanti viaggi di Liz, ben mixati a industria, artigianato, design e arte locale. “Non è stato facile organizzare la logistica interna di The Silo – racconta la proprietaria – a causa dell’ingombro dei montacarichi pre-esistenti che occupano due intere assi verticali e della geometria cubica di ciascun piano. Una vera sfida.”

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A ogni modo il puzzle è decisamente ben composto a cominciare dalla lobby, posta al piano terra, dove lo stacco tra vecchio e nuovo è ben visibile con le tramogge industriali accostate ai candelieri contemporanei sospesi a soffitto di Haldane Martin, miscelati a pezzi di design commissionati e firmati Jody Paulsen, Frances Goodman e a opere di Mohau Modisakeng e Athi-Patra Ruga.
Nell’area reception, al sesto piano, ancora una convivenza tra bocche di metallo originali per lo smistamento del cereale e pezzi d’arredo bizzarri, insieme sempre a arte africana dalle tinte forti. Non esiste lembo in cui Liz Biden non abbia studiato e scelto con gusto raffinato ogni pezzo d’arredo: i tessuti di Ardmore Design per le testate dei letti, le collezioni uniche di oggetti in ceramica di The Potter’s Workshop, progetto filantropico che sostiene le comunità locali, la soffice pelle italiana scelta per gli sgabelli del bar ma lavorata dalla locale Moorgas & Sons, i candelieri circolari di ADA Lighting e quelli in cristallo – 80 in tutto – lavorati a mano in Egitto. “È sempre stato un nostro desiderio quello di aprire un hotel.”

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