Alias: intervista ad Andrea Sanguineti

La carta di identità di Alias, la sua storia e la sua essenza sono rappresentati dalla home page del sito web aziendale: una linea del tempo scandisce gli anni e i successi di questa azienda e lo fa con un impatto minimal, smontando i prodotti, tratteggiandoli nella loro essenzialità: la realtà che c’è dietro l’angolo parla di un’impresa fuori dal coro e la conversazione con il Partner e Design Director Andrea Sanguineti è una conferma nelle conferme

Partendo dal 1979, il file rouge di Alias sembra essere rappresentato da tre parole: ricerca, tecnologia e leggerezza, cosa ne pensa?
Alias è un marchio che ha sempre avuto una vocazione tecnologica. L’archetipo è certamente la seduta Spaghetti dove il designer Giandomenico Belotti unì una struttura di metallo al filo in pvc: utilizzò due materiali poveri e lontani da quelli che erano i gusti dell’arredo in quegli anni, ma trasformò questo (a quel tempo) improbabile binomio in un oggetto cult, dal grande successo internazionale e ancora oggi in catalogo. Il linguaggio fu proprio quello della tecnologia, mai ostentata ma intelligente.
Da lì in poi ci sono stati tante altre case history, a cominciare dall’arrivo in Alias di Alberto Meda, un ingegnere che lavorava in ambito automotive e sperimentava fibre composite e che introdusse con noi la fibra di carbonio per realizzare la Light Light, per proseguire con la Leggera dello Riccardo Blumer che, pur essendo in legno, pesa meno di 2 kg.
Oltre alla tecnologia, Alias ha sempre dedicato attenzione ai materiali: dalla plastica all’alluminio al legno curvato, portandoli spesso limite delle loro prestazioni. Questo ha consentito di avere delle forme pure e perfette, quasi apparentemente istintive e ovvie: ma il confine tra l’ovvio e il naturale è sottilissimo e la naturalezza è quella su cui noi puntiamo. Un lavoro quasi da ingegnere più che da architetto. Questo è il nostro DNA e lo preserviamo con cura e attenzione.

 width=
SPAGHETTI chair, designed by Giandomenico Belotti

Come scegliete i progettisti con cui desiderate collaborare?
Riceviamo ogni giorno molte proposte; può capitare che tra le tante esca un progetto, ma è molto raro. Siamo noi che bussiamo alla porta dei designer, non tanto per l’aspetto formale dei loro prodotti quanto per l’approccio progettuale.
Quando chiamiamo dei designer cerchiamo sempre di concordare un percorso: alcuni di loro sono più strutturisti – come Alberto Meda o per certi versi anche Paolo Rizzatto – poi ci sono quelli sensibili ai linguaggi – come Mario Botta o Nendo per esempio – e che sono più attenti all’aspetto percettivo. È importante selezionare un progettista che abbia di suo un percorso chiaro e riconoscibile, noi lo rispettiamo e lo aiutiamo a comprendere il know how di Alias.
Alias è un’azienda che sperimenta in un mondo – quello dell’arredo – più portato all’artigianalità. Poche altre aziende hanno un’attitudine alla sperimentazione sulle forme e sui materiali. I progettisti che contattiamo sono felici di lavorare con Alias perché riconoscono nella nostra azienda la capacità di arricchire il loro percorso.

 width=
ALUZEN sofa, designed by Ludovica + Roberto Palomba

Quindi anche per i prodotti portati al Salone 2018 la filosofia non è cambiata?
Assolutamente no. Per esempio per una delle novità di quest’anno – il divano Aluzen – abbiamo scelto Ludovica e Roberto Palomba per la loro competenza sugli imbottiti: se si prova a svestire Aluzen di tessuti e cuscini si scopre una struttura perfetta, già molto bella e attraente; Aluzen è un divano che andrebbe venduto partendo addirittura da quello che non si vede. Osservando la New Lady di Paolo Rizzato, il punto di connessione tra la seduta e le gambe è quello che fa decollare questa poltroncina: abbiamo voluto far diventare protagonista del progetto il giunto di connessione tra scocca e gambe quello che di solito è nascosto. Anche Kobi di Norguet ha il carattere di Alias: Patrick è un progettista molto serio, ha un approccio al tempo stesso tecnico e commerciale, è molto bravo a gestire le geometrie. Vina (sempre di Norguet) è forse oggi il più bel divano che Alias ha nella sua collezione, è tecnologico ma ha in sé una gentilezza femminile senza essere decorativo.

 width=
Alias, Vina by Patrick Norguet

Alias nasce residenziale, poi arriva l’ufficio, poi il contract, l’imbottito e a un certo punto… una poltrona che si ispira al mondo dell’automotive…
È successo che, invece di sceglierli, nei progettisti capita a volte di inciamparci. A Bergamo c’è l’archivio della Fondazione Pio Manzù, un precursore del car design che ha lavorato con Giugiaro nel centro ricerche della Fiat: ci siamo innamorati del suo percorso!
Lui aveva disegnato per La Rinascente una poltrona che si ispirava al mondo dell’auto (la 090) e che non mai andata in produzione; ci abbiamo pensato noi e stiamo valutando di presentare altri progetti di Manzù.

Progettazione, produzione e poi la vendita: quali sono i moventi di acquisto che suggerite alla vostra filiera commerciale?
Il valore intrinseco dei nostri prodotti è già un’opportunità unica, ma nella fase della vendita può rappresentare un limite: il cliente inizialmente non comprende il perché di quel prezzo non economico, poi quando vede le finiture e i particolari, conosce la lunghezza di vita del prodotto e la cura di ogni dettaglio allora se ne fa una ragione. Ma non è un percorso semplice.

Questo aspetto impatta molto sul discorso della sostenibilità: è più sostenibile un prodotto che dura poco e si può riciclare o uno che dura 40 anni e passa di generazione in generazione?
Un prodotto Alias è garantito 10 anni, ma ci sono dei nostri oggetti che dopo oltre 30 anni vivono e addirittura possono ancora essere riparati con i pezzi originali: non so chi altro lo possa fare.

 width=
Alias, Rollingframe