La svolta downtown di un hotel di lusso

Per la controparte Downtown del suo emblematico edificio sulla 57a strada, la catena alberghiera di lusso Four Seasons ha scelto di assecondare la tendenza cool che contraddistingue gli appartamenti del vicino quartiere Tribeca, reclutando il duo di designer George Yabu e Glenn Pushelberg per contribuire alla costruzione di questo nuovo intreccio

“Ci siamo posti in netta rottura rispetto all’architettura classica voluta da Robert Stern, perché avevamo la sensazione che il design dovesse essere più moderno, in modo da creare un contrasto perfetto” spiega George Yabu. Gli fa eco il suo socio, Glenn Pushelberg: “È stata una questione di uptown contro downtown. Ci sembrava che i clienti della zona downtown fossero professionisti più giovani, magari banchieri, mentre quelli dell’uptown avevano un profilo più consolidato e un’età più avanzata.”

Varcando la soglia del Four Seasons Downtown, situato a pochi passi dall’imperioso Oculus di Santiago Calatrava, gli ospiti si ritrovano in una hall piuttosto insolita, lunga, alta (i soffitti sfiorano i cinque metri) e stretta, che non ha nulla a che vedere con l’idea tradizionale di reception. Gli eleganti pavimenti in travertino si abbinano a pareti in rovere affumicato e opere d’arte, come le sculture in bronzo di Bruno Billio dalla tipica struttura accatastata. A sinistra si trova il bancone per il check-in: realizzato con lastre in pietra – sovrapposte in maniera asimmetrica per un aspetto più interessante – è sovrastato da lampadari Henge, che sembrano librarsi abilmente nell’aria simili a UFO misteriosi. Una serie di aree lounge e un bar rendono omaggio alla tendenza che predilige una hall orientata all’interazione e agli spazi di lavoro condivisi, elementi che sono ormai un must per i clienti downtown del Four Seasons più attenti alle nuove mode.

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Proseguendo verso gli ascensori della hall, si incontrano vari corridoi “fuori asse”, come li descrive Pushelberg, progettati per essere più serpeggianti che ortogonali: un richiamo alle vie tortuose del quartiere finanziario in cui sorge l’hotel. Una scala imponente conduce allo spazio eventi del secondo piano. “Per inserire il numero di alzate necessario a raggiungere l’altezza desiderata e rispettare al tempo stesso le norme applicabili, abbiamo dovuto integrare moltissime curve a U” dice Yabu a proposito della scala, impreziosita da una gigantesca scultura sospesa firmata Studio Sawada. La luce inonda lo spazio da un cortile adiacente, creando una particolare finitura a imitazione del lino sulla superficie delle pareti, contraddistinte da intarsi in madreperla.

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Le 189 stanze e suite dell’hotel – accessibili tramite corridoi realizzati ad hoc, con opere d’arte di fattura artigianale poste su cavalletti sfalsati – sfoggiano una gamma di colori e materiali decisamente contemporanea. Tende in lino celeste, pareti in rovere sbiancato, testiere in pelle e tessuti pied-de-poule fanno leva sul gusto chic per gli ambienti personalizzati, tipico di un quartiere destinato a diventare inesorabilmente il più facoltoso di New York. Un minibar freestanding appositamente progettato rievoca i tempi andati dei fastosi carrelli per gli alcolici. Dal punto di vista dello spazio, il tema dominante dell’asimmetria pervade anche stanze e bagni, dove la pietra greca targata Alexandra Nuvolato si abbina a banchi da toeletta incastonati nel bronzo.

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La pianta lunga e stretta dell’hotel ha posto qualche problema anche nella progettazione della spa, che Yabu definisce senza esitazioni “uno degli ambienti più complessi che abbia mai disegnato”. Ancora una volta lo studio Yabu Pushelberg ha optato per l’asimmetria, ricorrendo a corridoi sinuosi valorizzati dalla pietra placida e minimalista di Alexandra Nuvolato. La spa è una visione in bianco, su cui vegliano le opere in carta dell’artista coreana Kyung Jeon. Sotto ai piedi, un soffice tappeto Tai Ping conferisce una nota di colore. Nell’area che ospita la piscina coperta, lunga 23 metri, la pietra bigliata Alexis Wave dona un dinamismo che ben si sposa con l’acqua.

“In passato, alloggiare al Four Seasons era un po’ come andare a trovare la vecchia zia piena di soldi” scherza Pushelberg, evidenziando con una battuta la differenza principale tra le due strutture newyorkesi della catena alberghiera. “Il Four Seasons Downtown non sarà mai spettacolare come la sua controparte nella 57a strada, piuttosto è una sorta di fratellino o sorellina minore. È una sorta di dichiarazione di intenti al contrario, poiché in questo edificio non c’è alcuna velleità.”