La natura norvegese di Ken Schluchtmann

Trovare sollievo dal fastidioso caldo dell’estate milanese non è mai stato facile come nel tardo pomerggio di ieri, giovedì 23 giugno. Via Bergognone 27, a due passi dall’esclusiva zona Tortona. All’interno di Spazio FMG per l’Architettura un brivido di freddo – e di emozione – correva lungo la schiena dei presenti all’evento inaugurale della mostra Norway. Architecture, Infrastructure, Landscapes. Brivido causato dal potere evocativo delle immagini di Ken Schluchtmann, photodesigner tedesco che con i suoi scatti ha proiettato la mente di noi partecipanti nel cuore del paesaggio norvegese.

Sono 22 le fotografie che – fino al 22 luglio – occuperanno le pareti dello spazio, ritraendo strutture architettoniche in particolari location della Norvegia. Non edifici anonimi, ma realizzati da studi di architettura dalla rilevanza internazionale, del calibro di Snøhetta e Manthey Kula. Entrambi hanno preso parte al vernissage dell’esposizione, insieme al fotografo.

«Le immagini che osservate non fanno parte di un’iniziativa qualsiasi, ma sono il progetto del mio cuore – afferma Schluchtmann durante la presentazione A partire dal lontano 1996, ho vissuto questi luoghi con tutto me stesso, tanto da farli diventare parte di ciò che sono».

Alessandro Benetti, curatore della mostra, ha scelto di non tradire la geografia del territorio, organizzando un percorso che parte dall’edificio più a sud del Paese, per giungere fino all’estremo nord. Ciascun ritratto è avvalorato da materiali tecnici forniti direttamente dai progettisti (immagini, disegni e testi) e riassunti in brevi opuscoli.

Sfondo di ogni oggetto architettonico immortalato, il paesaggio è aspetto costante del lavoro di Schluchtmann, che ha percorso un totale di 20mila km sul fitto reticolato stradale scandinavo per ottenere tale risultato. Punto di partenza per le costruzioni è proprio la strada: ciascuna struttura prende vita lungo i percorsi asfaltati maggiormente battuti dal turismo, che ha subito un notevole incremento. National Tourist Routes è il programma governativo che ha promosso l’iniziativa, realizzando nel 2005 il primo dei 100 progetti previsti per il 2023. Tra architetti, paesaggisti e designer, 50 sono i professionisti coinvolti in questa sfida contro un paesaggio mozzafiato e condizioni ambientali ostili – contro le quali sono stati utilizzati materiali di alta qualità e resistenza.

È il arrivato il momento di elencare gli studi architettonici che hanno contribuito alla proposta fotografica. Haga&Grov, Saunders+Wilhelmsen, Carl-Viggo Hølmebakk, Snøhetta, seguiti da Knut Hjeltnes, Reiulf Ramstad, 3RW e infine Manthey Kula, 70°N Arkitekture e a-lab sono alcune tra le firme esclusive delle strutture. Non solo edifici culturali – come l’Hammerfest Arctic Culture Centre di a-lab (al confine con il Circolo Polare Artico) e l’Alstahaug Petter Dass Museum progettato da Snøetta – ma anche ponti per rendere più sicura la pesca, come Myrbærholmen Fishing Bridges firmato da Manthey Kula. L’Hjerkinn Reindeer Pavillion (Snøhetta), il Stegastein Lookout Point (Saunders+Wilhelmsen)e il Sohlbergplassen Viewpoint (Carl-Viggo Hølmebakk) sfiorano il confine tra architettura e arte; quest’ultimo progettista si cimenta anche nell'ideazione della Jektvik Ferry Quay Area, concentrandosi sui concetti di trasparenza e traslucenza. Stesso soggetto ma approccio differente caratterizza il Linge Ferry Terminal di Knut Hjeltnes, dalle dimensioni ridotte ricoperto da vetrate per offrire un panorama unico sul fiordo. Haga&Grov con Svandalsfossen, 3RW con Askvaagen e Reiulf Ramstad con Trollstigen National Tourist Route Project si sono impegnati nella costruzione di punti panoramici che lasciano senza fiato, dove si fatica a distogliere lo sguardo. Infine, Grunnfør Bike Shed Meditatio Room – by 70°N Arkitekture – che dà la possibilità ai visitatori di ripararsi dal vento impetuoso di Grunnfør on Austvagøy.
«Una serie d’interventi architettonici e artistici di estrema qualità – conclude Luca Molinari, curatore di Spazio FMG – che non solo rispondono alle esigenze funzionali dei viaggiatori, ma diventano luoghi di vita nel paesaggio e di scambio tra architettura e natura».